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42 storia di due anime


falsi diamanti. Camminava con un passo particolare, quasi appena toccando terra, ma senza mai correre, anzi con un certo languore: e portava la piccola testa eretta, la bocca sempre un po' aperta, quasi a bere l'aria, come un uccellino. E di uccellino era la sua voce chiarissima, cristallina, con intonazioni curiosamente musicali, con certe sillabe trillanti, certe sillabe cullanti, nel loro suono cadenzato. Per ripararsi contro il freddo della cruda stagione, quella sera, ella portava sulle spalle, sino alla cintura, una mantellinetta di panno nero, con qualche ricamo di giaietto, una povera piccola mantellina, comperata per cinque o sei lire, in un emporio a buon mercato; e avvolto intorno al capo, uno scialletto di lana nera, a uncinetto. Teneva le mani nascoste sotto la mantellina, con un movimento di freddolosa. I suoi occhi larghi e chiari si fissarono su Domenico Maresca, con vivacità tenera, quasi interrogativa:

— Hai da fare, Mimì? Posso restare?

— Non ho più da fare, resta.

— Hai cenato? — chiese ella, sedendosi, in un angolo, presso la tavola.

— Ho cenato.

Prosit!

— E tu, non hai cenato, Gelsomina?

— Io non ceno — mormorò ella, crollando il capo, togliendosi i capelli dagli occhi.

— Perchè? Non hai appetito? Mammà non ti dà la cena?