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24 storia di due anime


mente, e cercò, subito, una delle due o tre sedie: vi si gettò sopra, con un sospiro dolente.

— Che ci dite di bello, donna Clementina? — chiese il pittore, senza levare la testa dal lavoro, adoperando la frase curiosa e convenzionale del popolo.

— Niente di bello, don Domenico mio, proprio niente. Tutte cose brutte. Miseria, malattie e disperazione. Non ne posso più.

E la voce triste e roca le si soffocò nella gola. Gittata su quella sedia, la donna così mal vestita e sudicia, così pallida e sfinita nell’aspetto, pareva uno straccio umano.

— Non vi scoraggiate, donna Clementina — mormorò vagamente Domenico, a cui quei lagni non eran nuovi, ma che lo commovevano sempre.

— Dite bene, voi! Avete un’arte nelle mani, che Dio ve la benedica, la fatica non vi manca, qualche soldo da parte lo avete, siete solo: dite bene! Sapete quanti figli ho, io? Sei! E fra tre mesi sono sette. Sapete il più grande, quanti anni ha? Dodici! E il più piccolo, un anno. Ogni mattina e ogni sera queste sei bocche si aprono per mangiare, don Domenico mio, e hanno una fame, una fame!

— E vostro marito che fa?

— Che ha da fare, poveretto! Sta col sediario della chiesa della Pietrasanta, che lo tiene con sè, proprio per carità, dice lui, e intanto il sediario guadagna cinque o sei lire al giorno, quando non è festa, e una ventina di lire, la domenica, per lo