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storia di due anime 189


uno qualunque, così, per debolezza, per tristezza, per non aver più che fare, di me. Non mi dovevo uccidere, forse, il giorno seguente al mio errore? Don Franceschino Grimaldi mi ha lasciata; e io, abbandonata, già perduta, ho rotolato sempre più giù, ogni giorno, perchè ero sola, perchè ero fiacca, perchè nessuno mi ha soccorso, neppure tu, perchè era impossibile, a un certo punto, di soccorrermi più. Ah quante volte la morte mi è parsa bella: e non mi sono uccisa! Io non ti posso dire la mia istoria, tutta quanta, Domenico, ma essa ti farebbe rabbrividire: non te la voglio dire, non devi saperla, non me la voglio ricordare, no, no: la volontà di morire l'ho avuta, ogni sera, ogni mattina, e non mi sono uccisa! Un tempo, due o tre anni fa, questa vita di vergogna mi dava da vivere, avevo degli abiti, dei cappelli: poi sono venuti degli infami, come Gaetanino Calabritto, degli altri, mi hanno oppressa, mi hanno maltrattata, mi hanno tolto tutto... Poi sono stata malata... all'ospedale, Domenico... ma non sono morta... e quando sono uscita, capisci... anche peggio... è stato anche peggio...

Egli la udiva, smarrito, atterrato da quel tremendo racconto.

— Chiedi al tuo stuccatore, Gaetano, dove sono io, adesso — disse ella, cupamente. — Egli abita dirimpetto alla mia casa. Stassera, mi ha incontrato. Giravo. Debbo girare. Mi ha raccontato tutto. E sono venuta qui, per dirti, Domenico, che se uno doveva uccidersi, dovrebbe uccidersi, sono io, io