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storia di due anime 183


— Certo, è meglio morire — mormorò lei, con la sua voce dalla raucedine così forte, che ne aveva ottusa ogni armonia. — È meglio morire, che sopportare certe cose.

— Oh Dio! oh Dio! — esclamava lui, battendosi dei pugni nella testa, in un nuovo accesso di disperazione, aridi gli occhi, adesso, e con la voce concitata.

— Non far così, Domenico, — disse lei, tentando di prendergli le mani, tentando di tenergliele ferme. — Non far così, calmati, calmati!...

— Ma lo sai, che Anna è fuggita in America, che non la vedrò più, che è morta, per me, che è come se fossi vedovo, mentre ella vive, con un altro, per un altro, lo sai?

— Lo so — disse lei, crollando il capo.

— Lo sai che ha portato via, dalla mia casa, diciottomila lire, tutto quello che io possedeva, tutto ciò che mi restava, della eredità di mio padre, e le mille lire, anche, che avevo in tasca, Gelsomina, anche quelle, perchè gliele avevo fatte vedere, lo sai?

— Lo so — replicò lei, a testa china.

— E lo sai, lo sai, che infamia ha commessa, qui, ove non era mai venuta, ove è entrata solo per rubare? Non le bastavano, a lei, a lui, quei denari miei, le fatiche del mio povero papà, non le bastavano, le mie fatiche, è venuta qui, a rubare la Madonna, capisci, a rubare i santi, ha spogliato Maria Addolorata, si è portata tutto, per vender l’oro, per vender l’argento, in America, Gelsomina, questo, non lo sapevi?