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storia di due anime 171


sino ad uno, da mattina, portatole dalla sarta, due giorni prima, e di cui Domenico aveva saldata la nota, tolto via, portato via, la roba pagata col danaro del pittore dei santi, non un fazzoletto lasciato, non un nastrino, non un cencio di merletto. Freddamente, da tempo, Anna non solo aveva premeditata questa fuga, ne aveva dovuto combinare, lungamente, il piano, ma lo aveva dovuto eseguire, giorno per giorno, ora per ora, da tempo! Sì, ella era partita, nella notte, un’ora prima, forse, due ore prima, appena lo aveva visto, immerso, il pittore dei santi, in una densità profonda di sonno: ma non si porta via, tanta roba, di notte.

— La roba, via, prima, — egli pensò, amaramente — e lei, questa notte, quest’assassina della mia vita!

Tremando, nella persona, nelle mani, come se avesse il ribrezzo della febbre terzana, egli ritornò in camera da letto; gittò uno sguardo sulla sveglia. Erano le quattro del mattino.

— Questa notte, due ore fa: non sola. Con Mariano Dentale — pensò, ancora, mordendosi le labbra, in un accesso impotente di furore geloso, nella inanità dell’uomo tradito e abbandonato.

E insieme al nome del bel giovinotto così beffardo, così seducente nella sua insolenza, insieme a questo nome che, per tre anni, era stato l’incubo segreto della sua anima profetica, un ricordo lo colpì, dandogli un nuovo sussulto di spavento. Non aveva inteso dire che Mariano Dentale doveva partire per l’America, per farvi fortuna, non lo aveva udito, così, vagamente, due o tre volte, negli ultimi