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168 storia di due anime


donna si era sollevata, toccò tutto il letto, con le mani, due volte. Era vuoto e deserto, Anna non vi era.

E fulmineamente, una certezza gli squarciò tutte le fibre e tutta l’anima: Anna lo aveva abbandonato: Anna era fuggita. Non credette a un caso singolare, a un accidente bizzarro, a una combinazione qualsiasi, che attenuasse o contradicesse l’orrenda verità: tutta la orrenda verità gli fu palese, senza velo d’illusione alcuna. Come coloro che, in un istante, apprendono il massimo male, che li abbatte e li travolge, come coloro che sono toccati, in un istante, in un solo istante, dalla folgore del dolore, una vertigine lo colse, più forte, più forte, lo gittò sovra una sedia, ai piedi del letto, fatto vasto e deserto, donde Anna era fuggita; e nei giri larghi, ove egli perdeva conoscenza, girando attorno a lui, il letto, la stanza, la casa, la città, l’universo, in questi giri, in cui si sprofondava la sua conoscenza, egli pensò:

— Io muoio, va bene.

Ma non morì. Qualche minuto dopo, o molti minuti dopo, non intendendo bene la misura del tempo, supponendo che fosse passato un secolo di dolore o un secondo di altissimo dolore, Domenico Maresca si ritrovò solo, caduto di traverso sovra una sedia, sovra dei panni, solo, in quella stanza, solo, innanzi a quel letto, solo, in quella casa, in quella notte. E il terrore di quella solitudine, di quel silenzio, di quella penombra, un freddo terrore lo colse: si levò, come un pazzo, accese le due candele