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storia di due anime 15


come impacciato dai piedi, dalle mani, dal suo torace che si gonfiava, quasi, sulle gambe sottili e sproporzionate; molto bianco di carnagione, ma di un biancore opaco, con qualche riflesso giallo, alle tempia, alle orecchie, agli angoli del naso: biondastro, di capelli molto deboli e che cominciavano a diradarsi, sulla fronte: biondastri i baffi, sfolti, sovra una bocca dalle labbra grosse, su cui restava una costante e curiosa espressione di puerilità: gli occhi di un azzurro molto pallido, come se un latte vi fosse mescolato, un po’ rotondi, un po’ esterni, spesso meravigliati, sempre che si fissavano su spettacoli che le sue Madonne e i suoi santerelli non erano. Tutto l’insieme dava l’impressione di una gioventù che non fosse mai stata aitante e vigorosa, che una occupazione assorbente avesse intorpidita, che la mancanza di piaceri avesse già sfiorita: l’impressione, latente, di una salute segretamente minata da mali ereditarii, misteriosi, compromessa, forse, dall’esistenza trascorsa nei cattivi odori della creta, dei colori, delle biacche, nella umidità della bottega, respirando atomi di metalli e di minerali nocivi. E in tutto questo, solo un dettaglio della persona attraeva gli occhi, li fermava, li seduceva: la beltà delle mani, due mani bianche, dalle dita agili, dai gesti rapidi e armoniosi, due mani assolutamente belle, sane, giovani, ove viveva la forza e la grazia di un lavoro umile e nobile, insieme.

Domenico Maresca discendeva da una razza antica di pittori di santi, e quest’arte singolare,