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sione commovente, nelle dita schiuse, l’altra distesa e chiusa con attitudine convulsa: e i due piccoli piedi, anche, si vedevano, curiosamente chiusi in sandali antichi, nudi ne’ sandali, come quelli delle carmelitane, piccoli piedi rigidi e immobili, quasi inchiodati dal dolore. E, intorno a quella figura dolorosa, chiusa nella bianca camicia senza linee, tutte le altre statue, intorno, sembravano piccole, meschine, minuscole. Un san Sebastiano, a mezzo busto, nel cui sanguinante torace, nel collo nudo, nelle braccia nude, erano confitte delle leggere e brillanti frecce di argento; un san Giovanni, ripetente, nella testa giovanile ricciuta, quella del Donatello, vestito di una clamide bianca, e portante un alto bastone da pastore, di argento, curiosamente cesellato: una santa Filomena, un mezzo busto a stucco, molto barocca, dal viso singolarmente esaltato, caduta in estasi e tenente nelle mani una lunga penna, la penna dell’amor divino, anche essa in argento; un san Tommaso d’Aquino, con un grosso anello d’oro, con un topazio al dito, stringente un libro santo, con la gran barba spiovente sul petto. E malgrado i loro colori, le vesti, gli ornamenti di argento buono, la Dolente col suo viso di suggestione profonda, di cordoglio, nella sua lunga tunica bianca, sovrastava sovra ogni immagine, sovra ogni figura. Domenico Maresca era salito sulla piattaforma e si era fatto il segno della croce.

— Andiamo, in nome di Dio — disse donna Raffaellina, segnandosi anch’essa.