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storia di due anime 151

di nuovo, riarso dal desiderio di avere la sua statua, per soddisfare un voto del suo spirito, che troppo aveva tardato a compire. E, questa volta, egli era ritornato, sempre, ogni settimana, di sera, alla bottega dei santi, nelle ore in cui sapeva di non trovarvi che Domenico Maresca, talvolta solissimo, talvolta solo con Gaetano, personaggio muto che si curvava sempre più sul lavoro, quasi a perdervisi dentro, per far dimenticare la sua presenza. Di fronte all’ardore febbrile del gentiluomo, alla profusione del danaro, Domenico Maresca non aveva potuto resistere, e avea dovuto abbandonare altri lavori, meno urgenti, in verità, e dedicarsi tutto quanto alla statua della Dolente; aveva dovuto, ogni due giorni, di fronte alle affannose insistenze del duca, recarsi a casa della ricamatrice, in quel quinto piano di via Mezzocannone, ove, in una stanza vasta e nuda, era teso il larghissimo telaio della veste nera e, in tre punti diversi, a capo chino, donna Raffaellina Galante e le due nipoti Fortunatina e Concetta, ricamavano, per ore e ore, senza levare gli occhi, sollevando solo la mano, alternatamente, muovendosi solo, un pochino, per prendere le forbici, o la gugliata di filo d’oro, non dicendo una parola, con la luce che batteva sulla testa pallida e affinata, ma dagli occhi vividi, della zia, sulle teste, già un po’ consunte dalla fatica lunga e paziente, delle nepoti. Da novembre a marzo, tutti, tutte, non avevano fatto altro che lavorare per questa Madonna Addolorata, la più grande e la più ricca statua che fosse uscita dalla bottega dei santi di Domenico Maresca,