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storia di due anime 133


po’ cascante sul busto e sui fianchi. Sotto un grandissimo cappello nero, carico di corte piume nere, il suo viso sembrava più smunto, più allungato. Era oltraggiosamente carico di rossetto e di polvere di riso: il colorito naturale di questo viso era sparito, completamente: sottolineati di bistro i suoi occhi, e delineate, anche in bistro, le sovracciglia fini: con atto costante, ella seguitava a mordersi le labbra, per farle diventar rosse. E, strano a dirsi, era leggermente toccato, delineato col rossetto, il segno che ella portava dalla sua nascita, sul mento, la piccola voglia, la piccola fragola. Alle gentili orecchie portava dei pesanti orecchini; delle grosse pietre verdi, quadrate, circondate da pietre bianche, falsi smeraldi con falsi brillanti. Al collo, aveva una grossa spilla, simile: e, sul braccio, uno scialletto di seta rossa, di un colore vivissimo.

— Non mi riconosci? Non mi vuoi riconoscere? — ella domandò, ancora, con quella sua voce lamentevolmente rauca.

— Sì, sì, — mormorò lui, con una pena immensa — ti riconosco, sei Gelsomina, buona sera!

— Non mi chiamo più così! — replicò ella, crollando il capo. — Gelsomina non esiste più.

— E come ti chiami?

Fraolella, solamente Fraolella. Tutti così mi chiamano.

— Chi, tutti? — chiese lui, inconsciamente.

Ella lo guardò, amara, senza rispondere. Sparita, per sempre, da quegli occhi grigiastri e grandi la espressione maliziosa di dolcezza infantile e l’altra,