Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
124 | storia di due anime |
Egli non esciva mai, dopo pranzo: e certo, Mariangela, avrebbe compreso la sua ansia, vedendolo partire: e si vergognava. Ma come resistere? Si sentiva male: correnti di gelo, correnti di fuoco gli attraversavano la persona: ebbe paura di aver la febbre, una febbre improvvisa, che gl’impedisse di andare. Mariangela rientrava, adesso, in salotto e lo guardava coi suoi buoni occhi amorosi e pieni di pietà. Voleva dirgli qualche cosa, si vedeva, mentre egli fremeva di fuggire.
— Che vuoi? — chiese lui, rodendo il freno, fingendo una calma perfetta.
— Volevo dirvi, don Domenico, che questi sono gli ultimi giorni che resto al vostro servizio — ella pronunciò, con uno sforzo per celare la sua emozione.
— E perchè? Perchè? — esclamò il padrone, stupito.
— Perchè me ne vado — ella soggiunse, rassegnatamente.
— Te ne vai? Dove, te ne vai?
— Ho una sorella, ad Airola, vicino Benevento; è il paese dove sono nata, Airola. A questa sorella e a me, nostro padre ha lasciato una casetta, una stanza e una cucina sola; niente altro. Vado a morire là, nel mio paese, don Domenico.
— E mi vuoi lasciare? Dopo tanti anni! — gridò lui, sinceramente commosso, dimenticando i suoi guai.
— Io non vi lascerei — mormorò essa, con dolcezza servile. — È la vita che mi lascia.