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118 storia di due anime


— Ringrazio Iddio, mattina e sera, perchè non mi manda figli — esclamava lei, ogni tanto, guardando suo marito nel viso, perversamente.

A questa parola sacrilega, a questa preghiera sacrilega. Domenico Maresca allibiva. In tutte le classi sociali napoletane, è così profondo il desiderio, il bisogno, la necessità di avere dei figliuoli, che un matrimonio senza figli, è considerato con viva compassione per i coniugi e, anche, con un senso di disistima. Scendendo, poi, nella piccola borghesia, nel popolo, le nozze infeconde sembrano una sventura familiare. Più innamorato che marito, più amante che padre, Mimì Maresca provava, sul principio, molto superficialmente la nostalgia di questi figli che non venivano: ma, un anno e mezzo dopo, in lui, fatto più preoccupato, più triste, più segretamente infelice, deluso profondamente dall’amore, crucciato dai sospetti più intimi, non potendo più orientare la sua misera vita sentimentale, cercando un punto sull’orizzonte cui tendere il suo cuore deserto, questa nostalgia si era fatta più acuta: e non poteva comporre, con le sue nobili mani dedicate alla più sacra delle fatiche, con quelle mani che erano la sola bellezza della sua brutta persona, con quelle mani in cui si traduceva la dolcezza della sua anima, non poteva plasmare, o dipingere una testa di angioletto, senza fremere di invincibile malinconia. Egli voleva fare, nel suo ardente desio, una statuetta del bambino Gesù, alla maniera antica, come i pittori di santi antichissimi: una statuetta, alta come un bambino