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questo: e i suoi atti misurati e calcolati, le sue parole rade ed altiere, i suoi sguardi pacati e orgogliosi, il suo silenzio istesso, esigevano che il marito, a cui si era degnata di concedersi, la tenesse come nell’antico suo stato, facendola viver bene, non contentandone i desiderii, perchè ella era troppo fiera per esprimerli, ma cercando di comprenderli, ma restando sempre, Domenico, nella incertezza di aver tutto fatto e di tutto aver fatto bene. A ogni sacrificio novello cui egli si sobbarcava, sia facendole dei doni di vesti e di cappelli, sia allargando la vita familiare, sia offrendole degli svaghi, costei nulla diceva, non ringraziava, non mostrava gioia, tutto accettava come se le fosse dovuto, e aveva l’aria di aspettare ancora, tacitamente, che Domenico compisse molto meglio i suoi doveri. E quante volte, egli aveva distolto gli occhi da quel bellissimo volto che egli adorava, volto muto e chiuso, temendo di leggervi la smorfia beffarda, la smorfia disprezzante dell’incontentabilità! Sì, era bene che un fervore religioso rianimasse la gente, e che nuovi santi, o di cui la leggenda mistica si rinnovellasse, seducessero con le loro grazie, coi loro miracoli, i cuori teneri per la fede: e che le glorie del Pane di sant’Antonio attraessero le anime religiose, che le glorie di san Francesco di Assisi rifulgessero più vivide, anche nelle classi più elevate, che la Madonna di Pompei facesse celebrare i suoi fasti mistici, sino nelle lontane Americhe: era bene, perchè le ordinazioni e il danaro affluissero nella bottega dei santi, e perchè Anna Maresca