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8 storia di due anime


voleva entrarvi, poggiava le dita con precauzione, su questa maniglia: o bussava con leggerezza ai vetri, per farsi aprire. Un ragazzotto, storpio, sciancato, ma svelto, vestito con certi panni logori e coverti di macchie di ogni colore, macchie più vive o più smorte, ma ove, sovra ogni altra, vincevano le ditate di gesso, di biacca, il ragazzotto veniva ad aprire e non si toglieva, dal capo grosso di rachitico, il berretto singolare di carta bianca che distingue, a Napoli, i pittori di stanze, gli scultori di grosso, gli stuccatori: insegna del mestiere che essi non lasciano mai e con cui passeggiano, o vanno alle loro faccende, per la via.

Dentro, la bottega aveva le sue quattro mura dipinte di bianco, il che la chiariva assai: e sulle pareti erano sospesi, qua e là, dei calchi di gesso riproducenti delle faccie femminili e maschili, talvolta solo la maschera, talvolta la testa intiera; erano sospese delle mani, alcune tagliate al polso, alcune col braccio intiero; dei piedi senza gambe, o con tutta la gamba e il ginocchio. I visi femminili eran tutti della medesima apparenza di giovinezza e di bellezza, con la stessa espressione immobile di dolcezza e di pietà, occhi levati al cielo o palpebre castamente abbassate, bocche socchiuse, come in atto di preghiera, o chiuse e pensose, senza sorriso: riproduzioni di Madonne antiche, di antiche sante, modelli già copiati tante volte, le cui linee si smussavano per il tempo e l'uso, deturpate dalla polvere, che si accumulava, nei cavi, negli angoli. I calchi delle fisonomie maschili erano svariati, di