partecipi al suo travaglio mentale come spettatore; è così che noi siamo perseguitati da questa paura del pubblico, che nulla varrà mai a calmare, a guarire. Come guarire, del resto? I nostri libri, usciti dalle officine tipografiche, partono per paesi lontani, vanno in mani ignote; noi non conosciamo i nostri lettori, non li vediamo; sovra tutto, non li vediamo nel momento che leggono e non possiamo scorgere sul loro viso la impressione di noia, di disgusto o, magari, di piacere; e non sappiamo niente di niente, ignorando, sempre, se siamo capaci di far piangere o di far ridere, se indigniamo il lettore o se lo costringiamo ad