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canituccia 65


— Aspetta, Ciccotto, aspetta, bello mio — diceva, sfinita.

Poi Ciccotto si metteva a dormire e la bambina si stendeva per terra, lungo i solchi del grano mietuto, con gli occhi chiusi, sentendo sotto le palpebre la vampa bruciante del sole. Si rialzava stordita, con le guance rosse e la lingua gonfia. Ora non ci era più bisogno della funicella, perchè Ciccotto si era fatto ubbidiente: solo che Canituccia si era provveduta di un lungo ramoscello per regolare il cammino di Ciccotto e non farlo andare sotto le ruote dei carri che passavano per la via maestra. Ritornavano alle ventiquattro. Ciccotto lentamente, Canituccia un po’ più innanzi spinta dalla insaziabile fame che le mordeva lo stomaco. Una volta aveva provato a rubare certe sorbe acerbe nel campo di Nicola Passaretti, ma le sorbe erano amarissime e Nicola l’aveva picchiata come una piccola ladra. Anzi Nicola ne aveva detto a Pasqualina Zampa, che aveva anch’essa battuta Canituccia. La bambina se n’era andata