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salvazione 157


vi ritornava, ostinata nel suo desiderio. Fino a che Cesare, infastidito che ella non comprendesse l’indelicatezza di questo capriccio, le rispose:

— Del bimbo dispone la madre e non vorrà mandarlo da te; dovresti intenderlo.

Una scena spaventosa ne seguì, in cui, volta a volta, Flavia si accusò per questo amore colpevole e ne accusò Cesare, pianse, si disperò, si contorse le mani, maledisse la sua esistenza sbagliata e il minuto odioso in cui aveva incontrato Cesare. Egli dovette consolarla; ma ella non si chetava, sfogando tutto il dolore lungamente compresso di una posizione falsa, avvilendosi sino a confessare i propri rimorsi, rimpiangendo tutto un ideale di famiglia, di pace casalinga, di onestà, a cui aveva rinunziato per Cesare. Egli dovette abbracciarla, mormorarle vaghe parole di conforto incerte e puerili — poichè quanto ella diceva, era vero — carezzarla sui capelli come una bimba malata, cullare questo dolore per addormentarlo,