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Ma per qualche tempo, ancora, don Giulio Lanfranchi rimase confinato nel suo stallo, minuscola ombra vivente, in tanta solitudine, in tanto silenzio. Poi, un passo risuonò, sul marmo del pavimento: una persona si diresse verso il gran banco degli arredi sacri e parlottò, un momento, col sacrestano Franceschino: la persona si staccò dal fondo e si avvicinò a don Giulio Lanfranchi. Una voce giovane e vivace, salutò:

— Buon giorno, Giulio, buon giorno!

Don Giulio si scosse, sogguardò l’uomo, guardò meglio, si levò, quasi, in piedi, sul nero stallo, vi ricadde, meravigliatissimo.

— Tu, tu, Luigi? Sei proprio tu, Luigi?

Un soldato vestito in grigio verde, con la cintura di cuoio affibbiata sullo stomaco, con la tracolla di cuoio in bandoliera, con le gambe fasciate dalle mollettiere, gli stava avanti, asciutto e snello, quasi piantato in posizione militare, innanzi al suo superiore: un viso colorito di gioventù e di salute, un par di occhi scintillanti, una bocca tumida, i lucidi capelli castani che ondulavano, gittati indietro, ma che, ancora non covrivano il segno rotondo sacerdotale, quello della tonsura. Il soldato teneva marzialmente la mano chiusa sul fianco, donde pendeva il berretto militare. E un sorriso, un crollo del capo, accompagnò le parole.

— Guardami bene... guardami meglio... sono io, Giulio, don Luigi Fratta, il coadiutore di Santa Maria in Via... Sei sorpreso, eh, Giulio mio?

— Molto sorpreso, Luigi... non sapevo più nulla di te, da giorni... Non mi hai fatto saper nulla...

— Ordine improvviso, tre giorni fa: e subito, una trasformazione completa, come vedi...

— Completa? — chiese, perplesso, don Giulio, squadrando l’amico.

L’altro non rispose, voltando la testa in là.

— Stai bene, da soldatino... — disse don Giulio. — Molto bene... Ma non hai sofferto, Luigi, quando hai svestito i panni sacerdotali?