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— No, tu non vieni.
— Non mi vuoi, Camillo? Perchè non mi vuoi?
— Non è cosa di donna, Berberina.
— Altre donne vi saranno, molte altre per i loro figli, per i loro mariti! — ella esclamò, già turbata.
— Non so. Non credo. Tu intanto, non vi sarai — egli dichiarò, con una fermezza e con una freddezza, che agitarono sempre più la donna.
— Sei cattivo, cattivissimo, non mi vuoi! — ella esclamò, ancora, inquietissima. — E dove ti saluterò, dove ti abbraccerò, dove ti bacerò, Camillo mio?
E gli si buttò addosso, tentò di abbracciarlo, tentò di baciarlo. Con mano pronta, ma con gesto garbato, egli glielo impedì.
— Mi saluterai qui, in camera nostra, mi abbraccerai e bacerai qui, Barberina — egli le disse, sempre calmo, ma freddo. — Credi, è meglio.
— È meglio?
— La gente non deve vedere: la gente non deve ridere — egli mormorò.
— Camillo, la gente ride, quando una donna piange? — ella osservò, non dominando più la sua agitazione.
— Piangere? Non si piange — egli disse, guardando in aria, enigmaticamente. — E se si piange, la gente ride, te lo assicuro.
Irritatissima innanzi alla gelida insistenza del marito, ella si morse le labbra, senza dire altro. Dopo un momento, Camillo Moles levò gli occhi, sulla moglie, che era sempre ritta innanzi a lui, col kimono che, ora, le nascondeva i piedi e le gambe, mentre le lunghe e larghe maniche cadenti, celavano le braccia e le mani.
— Che cantavi, un’ora fa, Barberina? — egli le domandò, con un tono indifferente.
— Cantavo? Come cantavo? Quando cantavo? — ella balbettò, improvvisamente scossa.
— In salotto cantavi, un’ora fa. Ti abbiamo udita, Magda ed io, che eravamo nello studio... Cantavi, amica mia... che cantavi?
M. Serao, Mors tua... | 4 |