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— Oh Magda.... — egli rispose, trasalendo. — Sei qui, cara?

— Sono venuta a salutarti, Camillo. È proprio domattina, che vai via?

— Eh sì, sorella mia, domattina, alle sette — rispose l’uomo, con quel suo tono incolore, ma con un sorriso fuggevole, ironico, quasi contro sè stesso.

— Così presto: troppo presto — ella profferì, a capo chino.

— Sempre troppo presto, Magda mia — soggiunse il fratello; e un dolente e beffardo sorriso apparve e sparve, sulle sue labbra smorte.

— Sempre, Camillo! — ella esclamò, senza sorridere. — E dove ti dirigono, caro?

— A Treviso: dopo, non so.

— Non sai?

— Non so. Non sappiamo nulla. Non dobbiamo saper nulla.

— Mi farai saper qualche cosa, subito?

— Se posso, Magda. Ma non so, se potrò. Non credo, di potere.

— Che sgomento! — ella proruppe, piano, fremendo, tremando.

— Sì, cara, è uno sgomento — egli replicò, questa volta, senza sorridere, ma contraendo nervosamente le dita della sua mano, che giaceva inerte.

E vi fu un silenzio, fra i due, presi e uniti nella medesima nera tristezza. Fu il fratello a rompere quel silenzio:

— Mario ti resta, ancora, è vero, Magda?

— Sì, per fortuna, mi resta: non so come, ma resta ancora — e guardava intorno a sè, con quel suo ricercare incerto, che indicava la confusione del suo animo innamorato.

— Speriamo che non te lo portino via, tanto presto, Magda — egli cercò di racconsolarla.

— Chi sa, Camillo! Non so niente. Spero.... spero! Che farò io, mai, senza te, senza lui?

— Sei buona e devi esser paziente: e dalla pazienza, ti verrà il coraggio di vivere — le disse gravemente e dolcemente, il fratello.