Pagina:Serao - Mors tua.djvu/53


— 45 —

laio. — Almeno non ci avete famiglia, da lasciare senza sostegno, come me....

— .... io, io, ci ho una madre e una sorella, là, in Umbria, a Città della Pieve. E non hanno che me — soggiunse, piano, il prete, con un sospiro profondo.

— Allora non vi è che Genovieffa, qui, che non gliene importa nulla — cercò di scherzare, il popolano, per vincere il turbamento suo e quello del sacerdote.

Genovieffa levò gli occhi e disse, sottovoce, mestamente:

— Mia sorella Carolina, a Casoli, nel mio paese di Abruzzi, ha tre figliuoli, che debbono marciare, tutti tre.

I suoi buoni occhi si velarono di lacrime, che non sgorgarono. Ella tacque, subito. E i tre si unirono, in un dolente silenzio; e si lasciarono, in un silenzio dolente.


Poichè la penombra cresceva, Loreta Leoni gittò il libro su cui aveva invano tentato di fissare la sua attenzione; e si levò, sviluppando la sua alta e snella statura, facendo nell’ampio salotto qualche passo incerto, fermandosi presso il pianoforte e traendone, con le mani vaganti, qualche suono, allontanandosi verso il vasto verone, schiuso sul giardino della villa, ove si discendeva da due piccole scale laterali al verone. Di là, ella occhieggiava verso il cancello chiuso della villa, cercando di scorgere, fra i ferri, se qualcuno vi giungesse, da via Abruzzi, se si fermasse a bussare al campanello, nascosto fra i rami della glicinia già fiorita, in quei giorni del cadente aprile.... Ma il cancello era lontano; via Abruzzi già si adombrava tutta del crescente crepuscolo; e Loreta Leoni