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il prete ascoltava. Un profondo sospiro gli sollevò il petto.

— Nel Vecchio Testamento, che tu devi conoscere, che tu devi ricordare, figliuolo mio, vi è il nome del Dio delle battaglie. Te lo rammenti?

— Dio, per me, si chiama Dio — disse, quasi a sè stesso, il prete.

— Il Dio delle battaglie, si chiama Sabaoth. È quello che tu, domani, devi invocare: Sabaoth! — proclamò, trionfalmente, il terribile vecchio.

Un singulto, senza lacrime, si franse sulle labbra del sacerdote. Un lungo silenzio si fece. Il vecchio, stanco, ma felice, col capo arrovesciato sul cuscino, con la bocca schiusa, si riposava della forte disputa, in cui il suo animo rimasto fierissimo, aveva vinto il tenero, il pietoso, il dolente sacerdote.

— Ecco il nostro signor Guido — rientrò a dire, dall’anticamera, la governante, precedendo il nipote di don Francesco Soria, Guido Soria. E dalla soglia, il giovine, con voce gaia e vibrante, disse:

— Nonno, nonno caro, sono qua, con grandi notizie....

E si avanzò, rapido, nella sua alta e vigorosa statura, coi capelli di un biondo acceso, buttati indietro dalla bianca fronte, e tutto il volto bello e giovanile, animato di una espressione intensa di soddisfazione: si curvò a baciare la mano scura e scarna del suo avo, sul bracciuolo della poltrona, mentre don Francesco Soria, crollava il capo, un po’ tremante, diceva» con voce carica di una emozione di amore:

— Nipote mio, figlio mio.... caro, caro, tu solo puoi consolarmi.

E sul capo giovanile, un po’ curvo, egli passava, dolcemente, la sua antica mano, che adesso tremava, come non aveva mai tremato.

— È deciso, dunque, è deciso? — balbettò, quasi, nella sua traboccante commozione.

— Decisissimo, nonno! — gridò, lietamente, il nipote.

— Ne sei certo? Ne sei certissimo?