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olabile dolore e me ne vado, col mio dolore inconsolabile, ti voglio dire una parola ultima e la più vera. Tu avevi ragione, nel tuo infinito sgomento e nel tuo infinito ribrezzo della guerra; e io, pazzo, cieco, avevo torto, facendomene strumento e volontà, e trascinando la volontà altrui

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— Avevo torto. E non lo sapevo. E ora lo so. Ed è vero che la mia delirante parola, ha ucciso mio fratello. È vero che io sono Caino. Tutto il sangue di mio fratello, è sulla mia coscienza.

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— E non solo il suo sangue, madre! Tutto il sangue di mezzo milione di morti e lo strazio di mezzo milione di madri! Esse mi hanno maledetto, maledetto, e la loro maledizione ha ucciso Giorgio!

— Tu taci, madre e non vuoi, oggi, giudicarmi. Ma io mi sono giudicato e mi sono condannato. Lo sai, io ho avuto una fede immensa, nella bellezza di un’idea, l’idea di guerra: ed essa è divampata in me, questa fede, come una fiaccola, come un focolare di calore e di luce: e l’ho vista ascendere all’orizzonte, questa luce, e dilatarvisi, e splendere, come null’altra luce, splendere di bellezza, di sacrificio, di eroismo: e l’ho creduta così nobile e così pura, questa idea di guerra, da tutto travolgere...

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— E tutto, invece, era flagello, distruzione e putredine — egli grida, pallido di una emozione indicibile. — E il flagello, la distruzione e la putredine, sono serviti all’ambizione sfrenata alla bieca prepotenza, alla turpe cupidigia... Madre, madre, tu non sai, non puoi sapere, tu sei chiusa nel tuo dolore, tu sei chiusa nella tua casa, con le tue lacrime che non scorrono, con i tuoi gemiti che tu soffochi: e non sai quello che è fuori, la lurida vita, la sporca vita, la nauseante vita, la vita su cui io vorrei sputare l’anima mia, esalandola...

E si affoga la voce nella strozza a Fausto Ar-