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La donna trabalza, riconosce la voce e la persona, precipita la sua ascesa, per giungere più presto, manda un bacio, con le dita.

— Sgualdrina! — grida, a gran voce, Camillo Moles.

E poichè la donna è quasi alla fine della scala, rimpetto a lui, egli prende mira con la sua rivoltella e le spara tre colpi, un dopo l’altro. Tre volte la colpisce: nella gola, nel braccio, nel petto: la donna si abbatte sull’ultimo scalino; boccheggia; un fiotto di sangue esce dalla ferita della gola: muore. Il capitano Camillo Moles, senza voltarsi, rientra in casa, socchiudendo la porta, alle sue spalle. Nè dà alcun segno di collera o di dolore, andando nel suo studio, sedendosi al suo posto abituale; e aspettando.



La stanza che Giorgio Ardore ha occupata sino al suo diciannovesimo anno e ne è uscito, per la sua chiamata in guerra, senza tornarvi mai più, è rimasta come egli l ha lasciata. Essa è chiara, e ha l’aspetto gaio. Quando Giorgio Ardore compì quindici anni, sua madre gli donò, per questa stanza, tutto un mobilio nuovo e moderno: mobili in legno laccato lucidamente di bianco e tapezzati di una stoffa color avorio, su cui si distendono, tessute, delle coroncine di rose e dei fascetti di fioratisi, colori tenui: e alle pareti, una stoffa di fondo unito, di grigio argento anch’essa e di una delicata tinta; e, dapertutto, ai balconi, sui piani dei mobili, dei leggieri lini candidi, incrostati di merletti: e ogni oggetto, o di cristallo o di argento, tutto lucente, tutto attirante e riflettente la luce. Era, forse, un po’ femminile, questa stanza; ma il giovanotto, a poco a poco, vi aveva impresso il suo segno virile, i suoi libri da studio, rilegati a colori