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nalista. E anche lui lasciò vedere un sorrisetto di presunzione.

— Donna Barbara, non sapete? — esclamò Delia Consiglio, accendendosi, nella candida carnagione — io e Dalia faremo una bellissima cosa; un nido di poppanti, donna Barbara, una pouponnière! Papà ci dà i denari, molti denari, tanto più che il suo calzaturificio, sarà requisito dallo Stato, egli è stato avvertito... una pouponnière, sarà divertentissima.

— Divertentissima — soggiunse la gemella Dalia, che, quasi sempre, ripeteva le ultime parole di sua sorella.

— Resteremo senza uomini, Ginetta, quelle de livrance! — esclamò Barbara, ridendo a gola piena, con un trillo da uccellino. — Ora ci canto su una canzone; ascoltatemi.

E corse di nuovo, al pianoforte, preludiò sovra una melodia bassa e lenta e, poi, con una vocetta da contralto, a toni, in sordina, singolarmente gutturale, vocetta attraente, perchè colorita di una espressione calda, cantò una prima strofa, in francese, invocando tre o quattro volte il nome spagnuolo della protagonista: Pepita... Pepita... Pepita, e continuando:

                              Oui, tu crains ce voyage maudit,
                              Car les cartes t’ont dit
                              Qu’une fois loin, là bas,
                              Ton José, ton soldat,
                              Ton amant t’oubliera,
                                                                      Pepita....

Fra l’attento silenzio degli astanti, che erano presi da quella penetrante piccola voce dolce e grave, da quella musica ove alitava il soffio della passione. Barbara solamente udì una corta frase di don Manuel Peralta, volta a lei, pianamente:

— ... canta español — aveva mormorato, nettamente, don Manuel.

E allora, alla seconda strofa, Barberina Moles, evocò, con voce anche più suggestiva, Pepita,