Pagina:Serao - Mors tua.djvu/286


— 278 —

in piedi, con le mani protese, quasi a far tacere il blasfematore.

Spietato contro il suo vescovo, che gli fu amoroso padre spirituale, più spietato, forse, contro sè stesso, Giulio Lanfranchi seguita, violentemente, a negare, a negare:

— Favola, falsità, menzogna, tutta menzogna, Dio, la Divina Provvidenza, la Celeste Misericordia. E io non voglio, non posso esser sacerdote di una menzogna!

— Signore, Signore, non lo ascoltare! Egli non ha perduto Te, Signore, ma la ragione, perdonagli! — e il venerando vecchio alza le braccia al Cielo, per invocare pietà, per invocare soccorso.

— Io non sono pazzo, monsignore — ribatte, gelido, ostinato, Giulio Lanfranchi. — Come il Cielo è vuoto, così è vuota l’anima mia di fede.

— Tu mi dai, figlio mio, un dolore di morte — geme il sacerdote, piissimo, abbattuto, oramai dal colpo inaspettato.

— Io ho sofferto, io mi sono straziato, vedendo fuggire la fede, da me — risponde, senza concitazione, più, ma tristissimamente Giulio. — Ho lottato, ogni giorno, sentendo, in me, questa fede insidiata, minata; ho pregato, ho digiunato, ho vegliato, nelle lacrime, mi sono dibattuto contro la sfiducia, l’aridità, l’indifferenza... Tutto è stato inutile, padre mio. Vivo: ma è morto il mio cuore: ed è morta l’anima mia.

E un disperato singhiozzo senza lacrime, pare che laceri le ultime parole del prete senza fede.

— Tu eri il più amoroso e il più tenero servo di Dio — riprende, frenandosi a stento, il vescovo — e io mi facevo una gloria, innanzi all’Eterno, di averti condotto al suo servizio. Chi ha devastato l’anima tua? Confessati, Giulio. Chi ha distrutto la vita del tuo spirito? Confessati.

— Mi confesso, padre: ma ignoro se voi possiate comprendermi... Voi non siete stato colà, nel folto della guerra, quattro anni, circa, quattro lunghi, atroci anni, fra centinaia di migliaia di