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— Sì, mi scrive.... Mi attende, in Roma.
Magda Falcone sogguarda, ancora, suo fratello, turbata sino in fondo all’anima.
— E tu non la raggiungi, presto, in Roma?
— La raggiungo, sì — è la risposta semplice e gelida.
La sorella non domina, più, la sua inquietudine mortale.
— Camillo?
— Magda?
— Che le dirai a Barberina?
— Io? Niente — replica, suo fratello, semplicissimo.
— Niente, Camillo, niente?
— Non ho nulla da dirle — soggiunge, glacialmente, l’altro.
— Pure... qualche cosa dovrà esservi, fra voi? — e, subito, si pente di aver svelato la sua intima pena.
— Qualche cosa, sì — egli risponde, animandosi, a un tratto e sogghignando. — Le porterò, se tu me lo permetti, santa sorella mia, le sue lettere a Mario... Sono in quella cassetta, nella più scura. Permetti, eh?
— Camillo!
— Posso anche, Magda, angelo di bontà, se tu lo consenti, portarle alcune fotografie... Istantanee... abbracciati... Era un compiacente amico, colui che ha tenuto la macchina.
— Camillo, per carità! — Ella esclama, tremando di paura.
— E perchè domandi, Magda? Perchè vuoi sapere? Perchè sei così sgomenta? Di che ti sgomenti?
— Camillo, senti, senti... — ella parla, confusamente. — Apriamo insieme quella fatale cassetta: prendiamo le lettere, senza leggerle, prendiamo le fotografie e bruciamo tutto, fratello, fratello caro... Cancelliamo queste traccie orrende del peccato...
— ...
— .... Non dire che io sono santa, non dire che io sono angelo, Camillo, perchè anche io ho spasimato, e ho odiato Barberina e l’ho maledetta...