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— Scampata, me l’avete, sora Tuta! Se no, era persa, come Bettina che s’è disonorata e fa un mestiere da prostituta, era persa come Cecchino, che è andato in carcere, a tredici anni, o mi moriva la mia Bicetta, come Augustarello mio.... Sora Tuta mia, tutta la mia famiglia è stata distrutta, una moglie, tre figli, una casa, sora Tuta, che disperazione!
— Zitto, zitto, per carità, compare Cesare, che Bicetta vi sente.
— È troppo, è troppo, tutta una famiglia, comare mia....
— Bicetta vi resta....
— E vi bacio le mani e sempre vi benedico, voi, che l’avete scampata, voi, che la custodite, voi, che me la custodirete, non è vero?
— ... sì — risponde la donna, esitante. — E se la mamma la cerca?
— Oh non la cercherà! Non dubitate, che non ve la cercherà! — e la voce si fa forte e irata.
— Ma che fa, Mariuccia? — chiede, piano, sora Tuta, parlandogli nel viso. — L’avete vista?
— No.
— Non l’avete cercata?
— No.
— ... è con un altr’uomo, è vero?
— Sì.
— Quale? Quello della fabbrica, il controllore?
— Credo. Mi hanno detto così. Non so nulla di più.
— E la roba di casa?
— L’ha venduta, da un pezzo.
— Era vostra, però?
— Sì: l’ha venduta egualmente.
— Gesù’ Signore!
— Tutto distrutto, tutto, casa, famiglia, figliuoli...
— Non solo voi, compare, per questa guerra....
— Sì, ma il mio peso è troppo forte. Tuta. E non ci reggo.
— Avete Bicetta.
— Custoditela, custoditela, Tuta, santa donna!