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labbra, più del tempo necessario ad un bacio; quando levò la faccia, egli apparve pacificato, tranquillo.
Un solo astante, don Manuel Peralta, lo spagnuolo, il segretario dell’ambasciata di Spagna al Quirinale, non aveva pronunciato un motto, non aveva mosso ciglio; ma i visitatori consueti di Barberina Moles, erano avvezzi al silenzio e alla immobilità di questo spagnuolo, dal viso lungo e dalla tinta terrea, dalle nere sopracciglia, quasi delineate da un sottile pennello, dai nerissimi capelli lucidi, che formavano sulla fronte smorta e bruna, le tradizionali cinque punte. Erano, anche, quei visitatori, abituati a ritrovare là sempre don Manuel Peralta, nel salotto di Barberina Moles e sempre seduto sulla stessa poltrona, fumando incessantemente delle delicate sigarette odorose, parlando poco, tacendo quasi sempre, educatissimo, compitissimo, superbo, con la sua aria distratta, assente. Senza dirselo, fra loro, tutti gli riconoscevano il misterioso diritto di costante presenza e di padronanza muta, in quel salotto; e, concilianti, indulgenti, ognuno pensava e non diceva, quello che credeva, cioè che don Manuel Peralta, fosse l’amante in titolo di Barbara Moles.
— Andiamo, finiamola con questi amori poetici e platonici, con queste stupide romanticherie — esclamò vivamente Barbara, ritta in mezzo al salotto. — Io suono un tango, un tango estremamente suggestivo.... e qui si balla il tango, danza delle danze.... Ginetta, amica mia, smetti, smetti di fare il salice piangente, e balla con Gaita, tanghista eccezionale.... e lei, Deliuccia finissima mia, vaso di alabastro mio, riconduca sulla terra il poeta Ranaldi, ballando il tango con lui, mi raccomando, con grazia.... e lei, Dalia, ecco il suo flirt qui s’amène... buon giorno, avvocato Cortese, si prenda Dalia, la porti via, nel tango galeotto, che io vado a suonare.... le dica tutto, nel tango.... o non le dica niente, è meglio.... ma balli.... balli....
M. Serao. Mors tua... | 2 |