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— No — si oppose, il vecchio, ritirando presto la mano. — Baciami in fronte, Guido.

Piamente, Guido, posò le labbra sulla fredda fronte del nonno. Costui scosse la testa, in segno di gioia. Poi, dopo un po’ di silenzio, disse al nepote:

— Quante medaglie hai, piccolo?

— Lo sai, nonno. Due. Una di argento, una di bronzo.

— Bene, piccolo. Torna a portarmele, domani: voglio ancora vederle... Tu hai fatto grandi cose, in guerra.

— Oh no! Come gli altri, mi sono battuto.

— Niente, come gli altri — protestò, rinvigorendosi, il vecchio. — Tu sei di un sangue di soldati: tu sei un Soria, piccolo mio...

Ecco che don Francesco Soria risorgeva dal suo torpore, poichè correva, nel suo sangue lento, un poco dell’antico ardore di guerra. Si vedeva dal capo che si muoveva, a seguir le parole, dalle mani le cui dita battevano leggermente sugli scialli.

— Guido, dimmi la verità — riprese il vecchio, e i suoi occhi lacrimosi, velati dell’umore acqueo senile, si fissarono sul nepote. — Tu ti sei molto esposto. Tu ti sei gittato, talvolta, come un pazzo, nella mischia.

— No, nonno! — negò il pallido nepote, gittandosi indietro, come per isfuggire allo sguardo dell’avo.

— Gli ordini del giorno, per cui hai avuto le due medaglie, parlano chiaro. Li ho letti, varie volte. E ho capito tutto...

— Che hai capito, nonno? — chiese, spasimante, il nepote.

— Che hai cercato la morte, in guerra — concluse, con voce fattasi più ferma e più grave, il nonno.

A capo chino, il nepote non rispondeva.

— Perchè hai voluto morire, Guido? — e la domanda era più stringente.