Pagina:Serao - Mors tua.djvu/237


— 229 —


— Sicuro, è un angelo — fu l’eco scolorita.

— Ebbene, Guido?

— Ebbene, che, mammina?

— Da che sei rientrato a casa, figlio caro, tu sei così mutato... Come spiegare, che cosa comprendere, Guido?

— Nulla, nulla: è la guerra — l’altro rispose, serio, vagamente.

— Lo so, Guido mio: tu hai ragione di essere ancora esausto, ancora sfiancato e triste, per le tue sofferenze, per il tuo continuo pericolo...

— Sono vivo, mammina: un po’ mal vivo, ecco — egli ribattè, sordamente.

— Guarirai, qui, in pace, fra i tuoi, nel tuo paese, riprendendo il tuo lavoro, meglio di prima... Tu, che sei stato un eroe!

— Io non sono stato niente! — protestò il figlio, seccamente.

— Hai due medaglie!

— Tanti che han fatto più di me, non hanno medaglie — egli concluse, anche più seccamente.

Tacque, sempre più scossa, la madre. Sempre, se si parlava della guerra, al figliuolo, egli s’irritava, pareva preso da un singolare accesso di collera, contro sè stesso. Carmela ritornò al suo primo argomento.

— Guido, ho promesso di condurti da Rosetta Serra, questa sera. Vuoi venire?

— No.

— Per favore, a me, alla tua mammina?

— Cercami altra cosa, ti prego.

— Guido, tu non ami più Rosetta! — proruppe, infine, in sua ambascia, la madre.

— Non so. L’amo meno di prima. O, forse, non l’amo più, come tu dici.

— L’hai tradita, è vero? Lassù, è vero? Ne ami un’altra?

— No. Non amo che una sola donna, nel mondo: e sei tu.

— Sicchè, tu non sposerai Rosetta? — insistette, fremendo di dolore, Carmela Soria.

M. Serao. Mors tua.... 19