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L’ALTRO VOLTO.

I.

— Guido... Guido mio caro... ti porto una rosa... — disse la lieta e soave voce materna, dopo che Carmela Soria ebbe discretamente picchiato alla porta chiusa di suo figlio.

Prima di rispondere al tenero richiamo materno, Guido, con gesto frettoloso, gittò un giornale spiegato, a nascondere le carte e gli oggetti che avea davanti, sulla scrivania: e si levò, per andare incontro alla madre.

— Mamma, perchè non entri? — e la risposta era dolce, un po’ distratta.

Col suo passo leggiero, la piccola madre, i cui biondi capelli erano, adesso, tutti a ondulanti riflessi argentei, ma il cui volto era irradiato di sorriso, con un fascio di rose bianche sul braccio, in cui spiccava una rosa rossa, arrivò sino a suo figlio, si rizzò in punta di piedi e lo baciò sulla guancia, puerilmente. Sempre, da che era finita la guerra e il suo Guido ne era tornato incolume, ogni volta che eran soli, Carmela e Guido, ella lo abbracciava e lo baciava, e poi lo guardava, dopo, un istante, con una beatitudine negli occhi. Ne riprendeva possesso, infine, come madre.

— Ecco la tua rosa, Guido — ella disse, tirando fuori la rosa rossa dal fascio delle bianche — Odorala: ha un profumo delizioso. Tu sai bene chi te la manda?

— No, mamma: non so.

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