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— Viva l’Italia!

E l’altro viaggiatore, sconosciuto, risponde, contro il legno, a voce altissima:

— Evviva, evviva l’Italia!

Ecco: un rombo sordo, crescente, sale dalla strada a quelle finestre chiuse, a quei balconi serrati, dalla stretta, sinuosa e antica via della Passarella: l’antica, oscura e sempre umida Passarella che sbocca sulla grande, popolosa via, il Corso Vittorio Emanuele, che è una pulsante arteria di Milano: e un primo, alto grido scoppia, da basso, seguito da altri gridi sonori o striduli che arrivano, che passano, che si allontanano, con l’arrivo della folla, col suo passaggio, col suo allontanamento, e altre voci, con altra gente, prorompono, voci fresche, voci nuove, alcune altissime e altre meno acute, che fanno ritornello, che fanno coro, un coro che si allarga, che diventa sempre più ampio... Ecco: a ogni piano dell’albergo e a ogni casa di via Passarella, si schiudono le finestre, si spalancano i balconi e gente, vi appare, vi si agglomera, viaggiatori, impiegati, servi, uomini, donne, bimbi, anche nella casa dirimpetto, anche in fondo al budello che è la Passerella e tutte le persone si piegano, sugli sporti delle finestre, sulle ringhiere e le teste si curvano, verso quel ruscello incessante di gente che sbocca, trabocca, nella larga via: e la folla guarda in su, e saluta come se conoscesse, agita fazzoletti, e agita bandierine tricolori e da su, dalle finestre, dai balconi, si risponde, si corrisponde, con grida, con saluti, con fazzoletti agitati follemente. Ma non si può restare in quel così misurato orizzonte e si vuole mutar stanza e traversando, da tutte le parti, l’albergo, si vuole penetrare nelle stanze che danno sul Corso Vittorio Emanuele, e non importa se altri vi abiti, ognuno, in quell’istante, è conoscente, è amico, dell’altro, sconosciuti, un momento prima, e non importa se sieno abitate da viaggiatori assenti, tutte queste camere sono aperte e finestre e balconi e veroni sono,