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fronte, con maggior accanimento, con maggior furore. Il convalescente sopporta pazientemente la sua necessaria prigionia, in quella interiore soddisfazione di essere sfuggito a un grave pericolo: e sa che ogni ora che si sgrana, lo riavvicina alla sua liberazione, al suo ritorno, laggiù, nel suo paese soleggiato e caldo. La sua compagna è seduta a piedi del suo letto, affaticata, pensosa, tacita: essa lo ha assistito fedelmente, sperando, altruisticamente, in sè stessa, di non esser colpita che quando egli fosse guarito, poichè è raro sfuggire al contagio: pure, essa, finora, vi è sfuggita. Ogni tanto, il convalescente posa il libro aperto: e le rivolge una di quelle parole consuete, familiari: ella esce dal suo assorbimento e risponde, acconsentendo, sullo stesso tono: l’altro riprende la sua lettura: ella ricade nei suoi pensieri. E il silenzio si rifà, nella camera: e poco o nulla si ode nelle stanze seguenti, nè fuori, nel lungo corridoio, ove le porte di queste stanze si aprono. Fuori, nel crepuscolo diventato sera, ha finito di piovere: e anche il vento di burrasca, si è chetato: ed è un’aria molle e umida autunnale, quella che penetra nella chiusa stanza. L’ora scorre, nel silenzio: e sono già due ore di sera. Quando, a un tratto, la porta della camera, che dà sul corridoio, dell’albergo, si spalanca bruscamente: e nel vano una fanciulla dal delicato volto colorito, dagli occhi splendenti, dalla bocca fresca e rossa, schiusa, grida, con tutta la sua voce, palpitante di una emozione indicibile:

— La Germania ha chiesto l’armistizio!

Il convalescente e la sua compagna, trabalzano nello stupore: la donna è ritta, anelante, l’uomo si è levato: e la fanciulla, la cui fine beltà ha, in quel momento, una trasfigurazione di gioia, esclama, forte, di nuovo, in mezzo alla stanza:

— Papà, mammà, la Germania ha chiesto l’armistizio.

Ella si butta, tutta fremente, sul petto della madre, che la tiene stretta a sè, mentre il suo viso stanco e triste, si fa sereno e si leva al Cielo e le

M. Serao. ''Mors tua...'' 22