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a parlare col tenente, dolcemente: il suo capo canuto accompagna, con qualche gesto, la sua parola convincente. La sedia è portata via. Adesso, due fanti di Mascia, vogliono legare la donna al tronco dell’albero, cui è addossata, temendo che, rimasta sola, ella tenti fuggire. Come non ha voluto sedersi, ella non vuole esser legata all’albero, ella si agita, un poco; ella volge i suoi occhi supplici al cappellano, perchè le ottenga questa ultima grazia. Molto più difficile a ottenere, da Mascia, questa estrema concessione: egli è rigidissimo esecutore di ordini: don Carlo Antici, calmo, suadente, insiste, poichè non è possibile, in alcuna maniera, che la condannata fugga. Il tenente Mascia, infine, cede. Tutta questa scena è seguita, dall’altra parte, con una intensa attenzione, dal capitano Moles, dal caporale Lorenzi, dai fanti. Nessuno sguardo si distrae, un solo istante. Adesso il sole è sorto, alle spalle del plotone di esecuzione e i suoi primi raggi vanno alla condannata, alla sua scorta, al tenente Mascia. Il momento è giunto. Con un moto veloce e preciso, i soldati di scorta si sono divisi in due ali, lontane, ma che tolgono ogni via a un tentativo di fuga: innanzi a una delle ali, è il tenente Mascia, con la sua sciabola sguainata e lucente al sole. Adesso, Franziska Kroll e il sacerdote dai candidi capelli sono soli, contro l’albero: la donna s’inginocchia innanzi al prete, si toglie il fazzoletto di seta dal capo e si scorge la massa dei suoi riccioli neri: ella china la fronte: don Carlo Antici le mette una mano sulla testa, in atto di benedizione e leva il suo pallido volto sacerdotale, verso il cielo chiaro e puro. Poi, solleva la giovane da terra: le dà a baciare il crocifisso: ella lo bacia due volte, avidamente: a passo lento, il sacerdote si allontana e la sua bianca testa è china, sul petto e le sue labbra si muovono, in una preghiera. La donna è sola, ritta, contro l’albero. Balena, al sole, in un comando, la sciabola di Mascia: è il segno che egli dà al capitano Moles,