scono, donde la condannata e la sua scorta debbono giungere; e non distolgono gli occhi da quella parte, come fermi nell’attesa; i loro visi paiono indifferenti, ma la loro attenzione non si distrae, un solo istante. Gli altri, invece, ne torcono gli occhi; sembrano indifferenti, anche essi, ma rifuggenti dal guardare, da quella parte. Scalpiccio lento, cauto, misurato, dal sentiero, dirimpetto, che viene dalla città: appare il tenente Mascia, alto, ossuto, scarno, conducente la scorta: due file di fanti: poi, Franziska Kroll, con le mani legate dietro la schiena e accanto a lei, don Carlo Antici, un cappellano già quasi cinquantenne, dalla chioma precocemente bianca, che cammina, tranquillo, accanto alla giovine donna. Anch’ella, cammina con un passo securo ed eguale: veste una gonna di lana azzurro cupo, stretta e succinta, una camicetta bianca, molle, sotto una cintura’ nera: sui neri capelli, ricci, ha legato un fazzoletto di seta, a colori vistosi, ove dominano il giallo e il nero; calza un paio di stivaletti, dai tacchetti alti, civettuoli. È giorno pieno: e tutto ciò si scorge precisamente: persino qualche cosa che brilla al suo collo bianco e nudo, un ornamento di oro, forse una catenina, a cui è sospesa una crocetta. Adesso, tutti gli occhi sono fissi su costei che va, di passo in passo, coi suoi piedi mortali, alla sua morte, e non trema, e non esita: Franziska Kroll ha un viso bianco rotondo, una bocca florida, una bianca fronte, ove i capelli si levano, in una linea di riccioli scherzosi: tutto è giovanile, fresco, vezzoso, in questo viso femineo, salvo gli occhi bruni, fieri, sotto due sovracciglia nere, ben delineate, che aggrottandosi, spesso, danno una espressione malvagia a tutta la sua fisonomia. Il tenente Mascia fa collocare i suoi uomini, sul lato opposto a quelli di Moles, ma giusto dirimpetto: Franziska Kroll è condotta contro un albero: un soldato porta una sedia, ma la condannata fa cenno di rifiuto, col capo e il cappellano don Carlo Antici si curva