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esser punita come ha peccato. Mi si era suggerito di fare questa esecuzione con molta pubblicità, per sgomentare le altre spie, che ci accerchiano, in false vesti di amici. Ho preferito il mio parere: in silenzio e in segreto. Siamo italiani. Puniamo l’infamia di Franziska Kroll, con la morte. Unirvi la teatralità, sarebbe crudele.

— È giusto, colonnello.

Questa è l’ultima parola di consenso del capitano Moles, che si congeda e si allontana. È assorto, per la via, nella sua ricerca mentale, per raccogliere, uno per uno, i suoi uomini, che non esitino, che non tremino, nel mirare, nello sparare, dodici fucili, dodici fucilate, contro una donna. In sè, ne fa una piccola nota, che va aumentando, ma non raggiunge il numero necessario. Ha molto vissuto fra i suoi uomini e li conosce bene: se pure molti di essi sono valorosi e disciplinati, accesi dalla passione di guerra, ve ne sono che non vorrebbero far da carnefici a una donna. Il caporale Lorenzi, a cui passa questi ordini, un romagnolo, ottimo soldato, seriissimo, resta egli stesso muto, quando il suo capitano gli chiede di aiutarlo, in questa scelta.

— Avrei scelto i tali — e li nomina, Moles. — Ma me ne mancano varii.

— Comprendo, capitano — dice, Lorenzi, perplesso. — Non è ufficio allegro. Una donna... una donna...

— Che importa, Lorenzi! — esclama, irritato, Moles. — È stato flagello, per noi, costei.

— È vero. Non tutti lo sanno.

— Lo direte: direte tutto, tutto.

— Lo dirò, capitano. In ogni caso, bisognerà unirvi quattro o cinque soldati sanguinarii...

— Sanguinarli, Lorenzi?

— Lei sa che vi sono soldati teneri come feminette e soldati che sono abituati al sangue... anche da prima: e dopo, in guerra, hanno seguitato... Costoro spareranno volentieri sulla donna, capitano.