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— Un eroe, un eroe, capitano Moles: sono vedova di un eroe, io, Loreta Leoni — ella esclama, con enfasi.
— Voi avevate sposato il tenente Valli? — chiede il capitano Moles e, poi, si pente subito della domanda, perchè sa il contrario.
Loreta Leoni dà uno fuggevole sguardo al biondo tenente Aschieri, che è volto dall’altra parte e, poi, risponde:
— No. Ma vale lo stesso. Porto il suo lutto. Lo porterò sempre... Eppure, perchè mai non ho potuto trovare la sua tomba? Perchè non fu raccolto e sepolto, Carletto? Perchè lo hanno dato per disperso?
— Una così orrenda giornata... tanti, tanti morti, signorina Leoni... — mormora Camillo Moles, preso dai ricordi luttuosi.
— Voi eravate lì, accanto, è vero? Voi lo avete visto cadere?
— Io ero accanto... io l’ho visto cadere... morente — soggiunge il capitano Moles, con profonda tristezza.
— Ah! — dice Loreta Leoni: e chiama: — Tenente Aschieri, avete udito? Il capitano Moles, ha visto cadere Carletto Valli... cadere, morente.
E la voce cantante della bella Loreta Leoni, pronuncia queste parole senza nessun accento, come se parlasse di un qualsiasi comune evento.
— Penso... pensiamo, capitano Moles — ella soggiunge, lentamente — che Carletto potrebbe essere vivo... disperso, è una parola incerta, vaga... tanti dispersi, ogni tanto, si ritrovano... vivi, prigionieri... Carletto potrebbe essere in Austria.
— No, Carletto non è in Austria: Carletto non è vivo — dice, rude, il capitano Moles, in cui lo sdegno represso, ribolle, un a tratto.
— Voi dite che Carletto, è morto? — soggiunge, tranquillamente, Loreta Leoni.
— È morto, sì — dichiara, reciso, Moles.
— Tenente Aschieri, il capitano Moles dichiara che Carletto è morto e che io posso chiamarmi