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sempre il mio spirito è stato, in quelle ore, alto e sereno. Sono proprio un vile, io? Me lo sono dimandato cento volte, nelle mie notti insonni, sotto il mio tormento e ho indagato nei miei sensi e ho scavato nella mia coscienza, spietatamente... E, infine, amici, io ho trovato la radice profonda della mia paura, l’ho trovata, è quella, è solo quella! Ed è il terrore invincibile, è l’invincibile terrore della morte di guerra, colà, in un inferno aperto, respirando un’aria di fiamma, acciecato dai lampi, assordato dal fragore, in una scena di atroce carneficina: questa, questa è la ragione della mia folle paura, la morte di guerra, vedendo piombare al suolo nero di mitraglia, i compagni, gli amici, i giovani fiorenti e i padri di famiglia, dilacerati, sventrati, squartati, fra le loro urla terribili, fra i ruggiti del dolore, fra i lamenti ultimi: e sentire questo cerchio della morte sempre più stretto, intorno alla propria persona, questa persona che, fra un minuto può esser dilacerata, sventrata, squartata: e, dopo, i cadaveri abbandonati, senza sepoltura, come carogne, e le ossa spolpate dagli animali.... Questo, questo spettacolo di terrore, io vedevo riapparirmi, ogni notte, anche nell’inquieto sonno, sussultando, balzando sul letto, tastandomi pazzamente, per ritrovarmi ancor vivo.... Io so che sia la mia paura: io non voglio morire in guerra, così, in un mostruoso macello, in un mare di sangue, sgozzato come un povero animale, e che le mie ossa restino insepolte. E cerco uno scampo, uno scampo qualsiasi, e voglio tutto accettare e soffrire, salvo che quella morte, e troverò scampo, se la fortuna mi assista, se le dolci e fervide preghiere delle due donne che mi amano, mi salvino!

— Amico, domani, voi potete morire, poichè siete un disertore — dice, piano, il buon soldato.

— È vero. La fucilazione mi minaccia. Morrò. Ma morrò una sola volta. E guarderò in faccia i miei poveri commilitoni, condannati a uccidermi. E non mi farò bendare. E si vedrà che mai, mai, io fui un vile.