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dal suo capezzale, al mio comandante: e solo dopo dieci giorni, dopo che hanno avuta la conferma burocratica della mia sciagura, ho, finalmente, questa licenza, strappata, sì, strappata dalla mia furente angoscia...

Egli è così eccitato, che la sua voce gli si strozza nella gola: si tiene la testa convulsa fra le mani, quasi gli dovesse scoppiare.

— E... dopo? — domanda, dolcemente, l’uomo del solaio.

— Ho trovata morta, da tre giorni, mia madre — riprende, sordamente, l’uomo della panca. — Non l’ho tenuta, ancor viva, fra le mie braccia, non ho asciugato il suo sudore di morte, non mi ha benedetto, toccandomi la fronte, prima di morire, non ho raccolto il suo ultimo respiro, non ho abbassato le sue palpebre, sui suoi occhi spenti... La sua bara, chiusa, è rimasta in casa, perchè io potessi baciare quel legno, ove ella dormiva il suo ultimo sonno... E l’ho baciato, sì, quel legno, amici, ma nel mio immenso dolore e nel mio immenso sdegno, contro quei miei carnefici, ho giurato, sì, ho giurato di non più servire, di non più obbedire, di non più battermi... E non tornerò mai più al fronte: e lascerò, per sempre, il mio paese, per sempre...

— E vostra moglie e il figliuoletto? — chiede l’uomo del solaio.

— Mi sono diviso da loro, come per morte — conclude, tetro, colui che era stato un buon soldato. — Domani posso essere arrestato e fucilato: e muoio, sì, muoio. Ma se io mi scampi, se io passi la frontiera, se io possa imbarcarmi, ovunque io approdi, oltre oceano, rimarrò colà, sino alla mia morte. E, forse, potrò avere, più tardi, a me accanto, la mia donna e il mio figliuolo: e anch’essi dovranno, come me, diventare estranei, lontani per sempre, avendo obbliato anche il nome e la figura del loro paese...

Dalla tragedia che ha squassato l’anima del

buon soldato e lo ha spinto alla fuga, alla diser-

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