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— Perirete egualmente — dice, con mortale tristezza, l’uomo della panca.

— Per la pace, perirò, amico mio. E sarà giusto e sarà bello — e un gaio ardore è nella voce di questo novello ospite; ardono le sue guancie, ardono i suoi occhi.

— Iddio vi accompagni, amico — piamente conclude, nella sua tristezza, l’uomo della panca.

— Così sia — pare che compisca l’augurio e la preghiera, Fuomo del solaio.

Passa, lenta, eguale, l’ora notturna, in quell’alta montagna di confine, fra i tre Stati, mentre la neve cresce intorno alla baracca, perduta, lassù, presso il giogo del monte. La fiamma si è spenta, nel camino, ma i tre tronchi sono incandescenti e il tepore continuo, ha riscaldato il sangue degli uomini che sono chiusi là dentro. Ma non li induce al sonno, quel fiato caldo che respirano: ognuno ha gli occhi aperti, spalancati su qualche propria visione. E una voce spezza il silenzio: è quella dell’uomo stanchissimo, che dormiva sulla panca.

— Amici sconosciuti, io voglio dirvi la mia storia, io vi scongiuro di ascoltarmi con fede, come io narro con verità.

— Parlate, amico; noi vi ascoltiamo fraternamente — dice l’ospite novello.

— Con fraternità — è l’eco, della voce dell’uomo del solaio.

— Io sono stato un buon soldato — egli narra, guardando il focolare dal fiato tepente. — Sì, mi si è spezzato il cuore, quando mi hanno preso sotto le armi, per andare in guerra, chi sa per quanto tempo, chi sa con quale morte; mia madre era vecchia e inferma, la mia buona madre; e la mia giovine e cara moglie era incinta, del primo nostro figliuoletto e il mio lavoro e i miei affari si disperdevano miseramente... Pure, sono andato, egualmente, senza ricorrere a nessun mezzo, per isfuggire al mio destino. Ho, al fronte, tutto sopportato, senza lagnarmi, i disagi, le pri-