Pagina:Serao - Mors tua.djvu/165


― 157 ―


— Crudele... — ripete, vagamente, l’uomo del solaio, che ha la testa abbassata sul petto.

— Meno crudele degli uomini — dichiara, con limpida voce, l’ospite novello.

— La neve uccide — soggiunge, sempre volgendosi a sè stesso, l’uomo della panca.

— Ma dolcemente — replica l’ospite novello. — L’uomo uccide con ferocia.

Un silenzio che, pare, si animi di un triplice pensiero.

— Sul Carso maledetto — dice, come se pensasse e sognasse, l’uomo della panca — i miei poveri compagni stanno fra la morte pel freddo e quella per la mitraglia.

— Siete del Carso? — chiede l’uomo del solaio. E subito, si pente della domanda, e fa un cenno di scusa.

— Sì; del maledetto Carso — risponde l’uomo della panca, parlando verso la bella fiamma.

— In licenza, come me? — chiede l’uomo del solaio.

— ... in licenza, come voi — risponde l’uomo della panca, dopo una lieve esitazione.

Tacciono, pensano, parlano a sè stessi, senza parole. L’uomo della panca si volge al novello ospite e gli dice:

— E voi, siete soldato?

— No — replica, immediatamente, il novello ospite. — Sono uomo.

Il chiarore allegro del fuoco indica i volti sorpresi e attoniti dei due uomini che erano, prima del terzo, nello scuro stanzone, sulla panca e nel solaio.

— Sono uomo e non posso e non voglio esser soldato — parla costui, a occhi bassi, senza volgere il capo verso chi lo ascolta. — Sono uomo e non posso servire altri uomini; non posso e non voglio obbedire ad altri uomini.

— Odiate gli altri uomini? — osserva, timidamente, l’uomo della panca.

— Io li amo, invece, con tutte le mie forze di