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— Crudele... — ripete, vagamente, l’uomo del solaio, che ha la testa abbassata sul petto.
— Meno crudele degli uomini — dichiara, con limpida voce, l’ospite novello.
— La neve uccide — soggiunge, sempre volgendosi a sè stesso, l’uomo della panca.
— Ma dolcemente — replica l’ospite novello. — L’uomo uccide con ferocia.
Un silenzio che, pare, si animi di un triplice pensiero.
— Sul Carso maledetto — dice, come se pensasse e sognasse, l’uomo della panca — i miei poveri compagni stanno fra la morte pel freddo e quella per la mitraglia.
— Siete del Carso? — chiede l’uomo del solaio. E subito, si pente della domanda, e fa un cenno di scusa.
— Sì; del maledetto Carso — risponde l’uomo della panca, parlando verso la bella fiamma.
— In licenza, come me? — chiede l’uomo del solaio.
— ... in licenza, come voi — risponde l’uomo della panca, dopo una lieve esitazione.
Tacciono, pensano, parlano a sè stessi, senza parole. L’uomo della panca si volge al novello ospite e gli dice:
— E voi, siete soldato?
— No — replica, immediatamente, il novello ospite. — Sono uomo.
Il chiarore allegro del fuoco indica i volti sorpresi e attoniti dei due uomini che erano, prima del terzo, nello scuro stanzone, sulla panca e nel solaio.
— Sono uomo e non posso e non voglio esser soldato — parla costui, a occhi bassi, senza volgere il capo verso chi lo ascolta. — Sono uomo e non posso servire altri uomini; non posso e non voglio obbedire ad altri uomini.
— Odiate gli altri uomini? — osserva, timidamente, l’uomo della panca.
— Io li amo, invece, con tutte le mie forze di