Pagina:Serao - Mors tua.djvu/164


― 156 ―

freddo in tutte le membra quasi anchilosate, non ha saputo resistere; passo passo, egli si è avvicinato al camino confortevole, curvandovisi sopra, per meglio prenderne, in tutto il corpo, il calore, e, infine, sedendosi sulla panca di sinistra, dirimpetto all’ospite novello. Poi, schiude le labbra e dà un saluto:

— Buona notte.

— Buona notte — corrisponde, subito, l’ospite novello.

Anche l’uomo del solaio, che era apparso sulla scaletta, al primo colpo picchiato all’uscio e aveva palpitato di paura e aveva supplicato di non aprire, si decide a discendere i rozzi scalini; la fiamma chiama e lassù, nel solaio, si batteano i denti dal freddo. Ora, si è fatto dappresso al fuoco, ristorandosi al soffio caldo; infine, anche lui si è seduto, timidamente, nell’altro angolo della panca di sinistra. Saluta:

— Buona notte, amici.

— Buona notte.

— Buona notte.

Tutti e tre sono rischiarati, dal basso in alto, a tratti, secondo i guizzi capricciosi della vampa, che si leva, si piega, a diritta, a manca, che pare si spenga e che, a un tratto, scintilla, crepita e s’innalza...

— Non venite, amico, a riscaldarvi? — dice l’ospite novello, al padron di casa, che è tornato al suo bancone e alla sua scrittura.

— Sono avvezzo; ho la pelle dura — costui risponde, crollando il capo calvo, dalla zazzera rossiccia.

Un silenzio. I tre uomini, attorno al fuoco, non si guardano, fra loro, non si parlano e, raccolti, assorti, sembrano presi, ognuno, dalla propria vita interiore. Fischia l’aria che il fuoco fa uscire dal legno che arde; stride il legno e il tronco incandescente si covre di farfalline di fuoco.

— Che notte crudele! — sospira, come fra sè, l’uomo che dormiva sulla panca.