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implacabile che ne divora, è vero, tutte le forze, ma che nel suo culmine quotidiano, gli dà un eccitamento che giunge al furore. E è presso costui che si avviano suor Serizia e don Lanfranchi: l’ammalato è così scarno che pare si possano misurare le ossa del suo cranio, sotto la pelle gialla, rugosa, con una testa coperta da capelli radi, incolori, umidi, con una bocca contratta e che perde continuamente la saliva. Costui grida, a don Lanfranchi:

— Chi siete? Che volete? Lasciatemi morire in pace!

— Figliuolo mio, perchè parlare di morte? Lasciamo fare al Signore... — dice, umilmente, don Lanfranchi.

— Siete un prete, eh? Non vi avevo riconosciuto! Siete un prete! Perchè venite, qua, presso il mio letto? Lo sapete che mi fate schifo, con la vostra religione? Io ci sputo sopra, sulla vostra religione!

Suor Serizia leva gli occhi al cielo e si fa il segno della croce: anche don Lanfranchi, brevemente, si segna.

— Che sono queste smorfie? — grida il delirante. — Finitela con questi gesti ipocriti. Io sputo in viso, al vostro Signore, lo sapete, prete, lo sapete, monaca?

Suor Serizia si tura le orecchie, per non udire; e don Lanfranchi fissa il delirante col suo sguardo sgomento: e nulla dice.

— Sai tu, prete, perchè il tuo Dio mi fa orrore? Perchè è un Dio malvagio, perchè è un Dio di morte e di distruzione. È lui che ha lanciato milioni di uomini contro milioni di altri uomini, perchè si uccidessero a vicenda, e i campi fossero devastati e le case bruciassero, e le donne fossero stuprate, e i bimbi strozzati! Questo, questo, non solo ha permesso, questo ha voluto il tuo Dio, il tuo Dio nero, prete che vieni qui a parlarmi del Signore! Io lo odio, questo Dio infame, che mi ha gittato nella fornace della guerra, e la mia

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