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uno è gravissimo e ha un delirio... un delirio... si dibatte, bestemmia, urla... Gli diamo, ogni tanto un bagno freddo, gelato, per far discendere la temperatura: si calma per qualche ora... poi, ricomincia... La notte, specialmente...

— La notte?

— Tutti i tifosi sono agitatissimi, la notte, don Lanfranchi — dice, pensosa, suor Serizia.

— Dormite poco, è vero?

— - Non molto... ma sto benissimo! — soggiunge, subito, sorridendo suor Serizia. — D’altronde, ho due sorelle, con me, suor Michelina e suor Benedetta... buonissime, forti, robuste...

— E l’altro infermo?

— L’altro è meno malato: può scampare: scamperà... Ma è così inquieto, sempre! È un popolano di Roma: e seguita a disperarsi, perchè non ha notizia dei suoi. E fa scriver lettere su lettere: ma quelli non rispondono.

— Lo hanno dimenticato?

— Chi sa! La posta va così male... e nelle città grandi, sono così obbliose, le persone... — suor Serizia sospira, mentre si avvia, verso il fondo, ove sono i tre convalescenti. Dice loro qualche cosa, accompagnando le parole, col suo sguardo benevolo. Poi, si ferma con Pippo, gli dà un leggero scappellotto sulla spalla, gli sorride, l’altro ride: ed ella ritorna, per risalire nell’ospedaletto.

— Ci date una messa, domattina, don Lanfranchi? — chiede al prete soldato, che l’attende sulla soglia. — Una messa specialissima?

Egli esita, un istante: poi balbetta, quasi:

— Perchè no, se resto stassera, in città... Non lo so, se resto... Ve lo faccio sapere...

Ascende le scale, la paziente e operosa suora: lento, lento, come se avesse esaurito ogni suo vigor fisico, don Lanfranchi la segue. Tre porte oscure si aprono sovra un largo pianerottolo e già si respira, là fuori, l’acuto odore dei disinfettanti. Suor Serizia introduce nel suo ufficio, come ella dice, ridendo, don Lanfranchi: è una stanzetta nuda.

M. Serao. Mora tua ... 10