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— Un inferno, suor Serizia! — esclama il sottotenente Lanfranchi. Poi si pente e si morde le labbra.

— Gesù e Maria! — E la paolotta si fa il segno della croce. — Su questo tremendo Podgora?

— Tremendo! Ogni giorno e ogni notte, bombardamento incessante e azioni incessanti, dalle due parti. Feriti, stroncati, morenti, morti, nostri e nemici, gli uni sugli altri... e urla e grida, e lamenti... — geme, ed è proprio un gemito in forma di parola, che gli sfugge dalla bocca.

Gli occhi della monaca si velano di lacrime: ella alza il suo rosario, che le pende dalla cintura, ne bacia le sacre medaglie, lo lascia ricadere.

— E avete potuto... potete far qualche cosa per essi... confessarli... assisterli... benedirli? — do- domanda, trepida, la suora.

— Poco, suor Serizia! È così pericoloso, andarli a raccogliere... pochi portatori ne hanno il coraggio: e i feriti e i morenti chiamano, e gridano, e offrono denaro, per esser raccolti... e nessuno va...

— Oh Signore, Signore, tanto avete permesso! — esclama suor Serizia, giungendo le mani.

Don Lanfranchi diventa anche più pallido nel volto emaciato, consunto: egli sbarra i suoi occhi sulla religiosa, quasi in attesa. Ma ella devia il discorso, ella stessa, ansiosa per la sua fede.

— E quelli che arrivate ad assistere, don Lanfranchi, che dicono? Muoiono in Cristo?

— Sì: muoiono in Cristo — egli risponde, breve.

— Tutti?

— Non tutti, suor Serizia: qualcuno è disperato... — egli soggiunge, a voce bassa.

— Disperato, don Lanfranchi?

— Eh sì... è giovine... è forte... ha gente che ama, suor Serizia, è orribile, allora, morire! — e pare che parli, in don Lanfranchi, la voce istessa del morente.

— E non tentate di pacificarli, con Cristo?

— Tento, sì... tento... è il mio dovere di prete... di cristiano... ma le mie forze sono deboli, suora mia, — esclama, tremando, il prete soldato.