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— Sì — dice, a voce bassa, a occhi bassi, il tenente Gianni Scalese.

— Sono venuto a vederle, ad ammirarle, le tue mitragliatrici. Sono crudeli, Gianni? Sono terribili?

— Sì, Guido — risponde Scalese, piano — crudeli e terribili, così sono.

Si sono avvicinati alle armi che Guido Soria carezza con lo sguardo e più con l’animo esaltato. Adesso, anche la terza mitragliatrice è al suo posto, lucida, sottile nella sua canna, e pregna di morte nel suo fondo. Il tenente Scalese vuol accontentare la bramosia acerba del suo amico e dice a uno dei due soldati:

— Hai fatto la toilette di Palmetella, Califano?

— Signore tenente, Palmetella pare una sposa — risponde, subito, con bocca ridente il napoletano, ridente e inconscio.

— Questi mitraglieri amano assai la loro arme — spiega, lentamente, Scalese a Soria. — E le mettono anche un nome, a loro gusto. Palmetella, è il nome della tua fidanzata, è vero, Califano?

— Palma Sanges, signor tenente, la più bella ragazza di Fuorigrotta. Appena finisce la guerra, io me la sposo! — proclama, giocondamente, il napoletano spensierato.

— E come si conduce, Palmetella, col nemico? — domanda Guido Soria al soldato partenopeo.

— Se lo mangia; se lo mangia assai, questo nemico; ha una fame disperata, Palmetella... — e cova, Califano, con lo sguardo ingenuo, innocente, la sua mitragliatrice. — Quell’altra, Moscardina, è molto più scema, coi «cecchini».

Moscardina?

— Così l’ha chiamata, il compagno de Mattia: io non so perchè si chiama così... Ma non vale Palmetella, per la fame.

— Però, quando sparano tutte insieme, sarà tremendo? — ricerca, ancora, nella sua ansia allucinante, Soria.

— È come un ventaglio, un ventaglio di morte...