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suono. Partiti, tutti, nelle ore alte della notte, sovra un ordine giunto a mezzanotte. Questo gli dice un uomo, un custode che spazza, lentamente, la soglia della porta.

— Dove, dove? — grida, follemente, il tenente Carletto Valli.

L’uomo fa un cenno vago, verso l’alto della via, pronuncia e storpia un nome. Disperatamente, vi si mette, per quella via, l’ufficiale, mordendosi le labbra per non urlare il suo dolore, con gli occhi pieni di lacrime, per il suo scorno.


Gira, il severo chiostro quadrato, coi suoi archi sostenuti da sottili colonne di marmo diventato grigio come la pietra, intorno al cortile del vecchio monastero; e, nel mezzo, il pozzo si eleva, col suo sporto di pietra lavorata e il suo armeggio di ferro battuto, leggiero, da cui pende, nel mezzo, la carrucola. Ma, in essa, non scorre più la corda, a cui era sospeso il secchio; nel cortile lastricato, fra gli sconnessi pietroni, cresce l’erba, e più folta, essa cresce intorno all’antico pozzo. Lungo il chiostro quadrato, sono dipinte, sulla muraglia, delle scene sacre, ma scolorite, sbiadite, poco si distinguono; vi è tracciato, anche, qualche pio motto latino, quasi indecifrabile. Il primo piano sul chiostro quadrato, è fatto di larghe loggie che sostengono un tetto di tegole rossastre, diventate brune; e s’intende, che nel muro, in fondo a queste loggie, si aprano le porticine delle celle fratesche. Sotto i portici del chiostro, vi è andirivieni di soldati, che salgono e scendono da una larga scala, in un angolo del chiostro. Collocate in croce, attorno al pozzo, vi sono quattro mitragliatrici, piazzate in modo così curioso che, sembra debbano sparare contro i quattro lati del chiostro; ma queste armi