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Loreta viva un giorno di più, qui, in questo paese di vizio e di orgia...

— Carletto, vi sono altre donne, mogli appassionate, amanti ardenti che sono qui, e vi restano, e i loro mariti e i loro amanti ci vengono, spesso, appena possono...

— Anche in questa casa, è vero? — prorompe la voce furiosa di Carletto.

— Sì, siamo varie, in ogni stanza, qualcuna... e anche altrove — ella dice, incosciente.

— Te ne andrai, domattina, Loreta!

— Domattina?

— Sì, non un’ora più di domattina. Mi hai inteso?

Ed è un comando netto e preciso, che l’uomo dà alla donna.

— Non posso aspettarti, ancora, amore mio? — ella prega, coi suoi begli occhi supplici. — Non puoi tornare, da me? Come ritornano gli altri? Resto chiusa, serrata, qui dentro, ad aspettarti.

— Non puoi aspettarmi, Loreta; e io non posso tornare — egli replica, sempre più risoluto.

— Perchè, perchè, Carletto, anima mia diletta?

E gli butta le braccia al collo e lo bacia.

— Loreta, Loreta, siamo in guerra guerreggiata, siamo in avanguardia; stanotte, domattina, può venir un ordine di marciare, hai capito?

— Che dici, che dici! — esclama Loreta, con un grido basso, che è anche un lamento.

— Hai capito che ho mancato al mio stretto dovere, venendo qui, stasera, mentre dovevo esser là, presso il mio capo... Hai capito, che mi hai fatto fare? Io posso essere un disertore, un traditore, domattina...

— No, no, no! — ella grida. — L’ordine non e venuto, l’ordine non verrà, non verrà... Vedrai, amore mio, che Loreta tua non ti ha fatto male... Loreta che ti adora...

— Prometti, Loreta, che partirai domattina, che tornerai da tua madre?

Ella tace, a capo chino.