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l’aspetto gretto, sporco e anche equivoco di quella stanzetta. Un fiotto di amarezza lo invade.
— Loreta, Loreta, perchè sei venuta in questo paese di perdizione?
— Per vederti, per parlarti, per averti!
— Come sei venuta? Chi te lo ha permesso? Chi ti ha condotta, qui, Loreta? — e l’inchiesta è sdegnata, è pressante.
— Non dimandare, non importa! Sono qui, con te, abbracciami, tienimi stretta, soffocami!
— Chi ti ha indicata questa casa?
— Che importa, Carletto, che importa? T’ho avuto, sei con me, sono con te. Non chiedere altro!
— Loreta, Loreta. questo paese è pieno di prostitute e di ladri, non ci dovevi venire!
— Lo sapevo, lo so, ci sono venuta egualmente.
— Anche questa casa è losca... Vi era una prostituta, giù... mi voleva...
— Poveretta... — dice, malinconicamente, Loreta.
— Loreta, Loreta, tu compatisci una mala femmina? — e l’uomo si è fatto imperioso e più che mai sdegnato.
— La compatisco, sì, perchè lei si dà per fame... e non per amore, come me...
— Loreta! — grida l’uomo, prendendole i polsi e stringendoglieli, a farle male. — Ti proibisco di far nessun paragone consimile...
Ella cerca disciogliere i suoi polsi, e soggiunge, imperturbata, quasi seguendo un suo pensiero:
— D’altronde, questa poveretta dà della gioia a chi, forse, morrà domani...
Un silenzio lungo. Carletto Valli è torvo; non leva gli occhi su Loreta Leoni, che è accanto a lui, calma, con le lunghe mani bianche, incrociate sulle ginocchia.
— Loreta — egli riprende, serio, grave. — Tu torni domani, da tua madre?
— Domani, perchè? Perchè?
— Perchè non voglio che la mia donna, la mia